di Matteo Brogi
Fondazione UNA: tre progetti per un futuro sostenibile
Dall'osservatorio Corno Bertolot alla storica AFV Valbelviso-Barbellino, passando per i sapori della filiera selvatica: Fondazione UNA mostra come la gestione venatoria possa diventare un modello virtuoso di tutela ambientale e valorizzazione del territorio
C'è un'Italia che tutela la biodiversità con concretezza, metodo e partecipazione. Un'Italia che lavora sul campo, nei territori spesso marginali ma vitali, dove la presenza dell'uomo resta presidio, cultura e custodia del paesaggio. È questa l'Italia raccontata da Fondazione UNA – Uomo, Natura, Ambiente in un evento dedicato alla stampa specializzata nei temi della conservazione, pensato per mostrare la declinazione concreta di tre dei suoi principali progetti:
- Paladini del Territorio;
- Selvatici e Buoni;
- il percorso di riconoscimento delle Aziende Faunistico Venatorie (AFV) come OECM – Other Effective Area-Based Conservation Measures.
Tre momenti, tre luoghi simbolo, un unico messaggio: la collaborazione fra istituzioni, mondo venatorio, agricoltura e ricerca scientifica è oggi una delle chiavi per raggiungere gli obiettivi della Strategia europea per la biodiversità 2030, che punta a proteggere almeno il 30% delle superfici terrestri e marine degli Stati membri entro i prossimi cinque anni, di cui un terzo in modo rigoroso.

Formazione, ricerca e divulgazione sono i tre pilastri dell'opera della Fondazione, che mira a diffondere un approccio etico e trasparente alla caccia, in linea con le più avanzate politiche europee.
Paladini del Territorio: il presidio concreto
Il viaggio è iniziato all'osservatorio Corno Bertolot, in bassa Valle Camonica, nel comprensorio alpino CA4, al confine con un'area demaniale chiusa alla caccia dal 1978 ma viva di progettualità grazie all'impegno dei cacciatori e delle istituzioni locali. Qui, come ha ricordato Gianluca Cominini, responsabile del Nucleo ittico venatorio della Polizia provinciale di Brescia, «Il capitale naturale è stato ricostituito grazie ai progetti di reintroduzione di cervi e camosci partiti nel 1993, frutto della collaborazione tra Provincia, comprensori e mondo venatorio». Oggi la presenza di questi selvatici è ricostituita e i suoi "interessi" rappresentano una risorsa per i cacciatori della zona.


Marina Berlinghieri, responsabile delle relazioni istituzionali di Fondazione UNA, ha sottolineato il valore sistemico del progetto: «Fondazione UNA è lo strumento per mettere a sistema le sinergie. I cacciatori sono alleati preziosi per la gestione del territorio, soprattutto in aree a forte rischio idrogeologico come queste: un presidio sociale e ambientale che si ripete, con declinazioni diverse, in tutta Italia. Il nostro metodo è partecipativo, un modello di network territoriale che Fondazione UNA sostiene». Questo modello, perfettamente rappresentato dal progetto Paladini del Territorio, non si limita a raccontare buone pratiche ma costruisce reti operative tra enti, cittadini e portatori d'interesse generando valore economico e culturale.

Selvatici e Buoni: dal territorio alla tavola
Il secondo momento dell'incontro ha avuto il gusto dei sapori locali. Presso l'azienda agrituristica Le Frise, a Rive dei Balti (BS), è stata presentata una cena-evento curata dallo chef Luigi Martini, che ha interpretato la selvaggina come esperienza sensoriale e simbolica. Un modo per raccontare la filiera selvatica attraverso il gusto, la cultura gastronomica e la sostenibilità.

Il progetto Selvatici e Buoni, infatti, rappresenta il tentativo concreto di costruire una filiera certificata e tracciabile della carne di selvaggina, capace di unire sicurezza alimentare, valorizzazione delle risorse naturali e promozione del consumo consapevole. Come ha spiegato Pietro Pietrafesa, segretario generale di Fondazione UNA: «Con Selvatici e Buoni vogliamo dare piena dignità alla filiera selvatica italiana. Il marchio Gusto selvatico ne è il braccio operativo, ponte fra chi gestisce il territorio e chi desidera portare in tavola un prodotto sano, sostenibile e pienamente integrato nei cicli naturali».

Le AFV come OECM: il modello Valbelviso-Barbellino
L'ultima tappa ha condotto i partecipanti tra le Alpi Orobie, nella Azienda Faunistico Venatoria Valbelviso-Barbellino, un territorio straordinario che si estende per oltre 12.000 ettari fra le province di Sondrio, Brescia e Bergamo. Fondata nel 1893, è la più antica e ampia "riserva" d'Italia, un vero laboratorio di gestione faunistica e naturalistica.

Come ha raccontato il direttore Eugenio Carlini, l'azienda è da sempre impegnata nella tutela della fauna alpina, dal camoscio al gallo forcello, dalla pernice bianca allo stambecco: «Garantiamo una gestione scientifica delle popolazioni, con monitoraggi costanti, serie storiche dagli anni '60 e regole rigorose sul prelievo. Siamo anche ente gestore di un sito Natura 2000, un unicum nel panorama nazionale delle AFV».

Proprio l'esperienza della Valbelviso-Barbellino è stata selezionata da Fondazione UNA, in collaborazione con AB – Agrivenatoria Biodiversitalia, come una delle cinque AFV pilota per il riconoscimento come OECM, un modello presentato al recente IUCN World Conservation Congress di Abu Dhabi (ottobre 2025) come uno dei passaggi più significativi verso l'inclusione dell'attività venatoria tra gli strumenti efficaci di conservazione.

Corrado Teofili, di Federparchi, ha spiegato come «Le OECM sono aree che, pur non essendo protette in senso stretto, garantiscono risultati positivi indiretti per la conservazione della biodiversità. Le AFV italiane, per struttura gestionale, regolamentazione e monitoraggio, rappresentano esempi virtuosi. Il nostro obiettivo è ottenere dal Ministero dell'Ambiente il riconoscimento ufficiale, perché queste realtà contribuiscano al raggiungimento della soglia del 30% di aree efficacemente conservate».
Una visione condivisa

L'esperienza ha mostrato in modo concreto la capacità di Fondazione UNA di costruire ponti tra mondi diversi – venatorio, agricolo, accademico e istituzionale – e di generare modelli replicabili di sostenibilità territoriale. «I progetti funzionano se c'è sinergia – ha ricordato ancora Marina Berlinghieri – e Fondazione UNA nasce proprio per favorire questa sinergia, come presidio culturale e operativo dei territori che costituiscono la dorsale della nostra nazione».
Una dorsale fatta di persone, idee e buone pratiche, dove la caccia sostenibile e la gestione ambientale trovano un terreno comune: la tutela concreta della biodiversità.

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