Lo studio ha utilizzato come modello quattro specie: cinghiale, capriolo, lepre iberica e volpe
Lo studio ha utilizzato come modello quattro specie: cinghiale, capriolo, lepre iberica e volpe - © Hans Hillewaert
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di Redazione

Uno studio dimostra l'utilità dei dati ricavabili dalla caccia

Una nuova metodologia statistica combina i dati risultanti dall'attività venatoria per produrre mappe di abbondanza accurate tenendo conto dello sforzo di caccia

I dati cinegetici, ad esempio il numero di animali cacciati nel corso di una stagione e in un determinato territorio, sono comunemente utilizzati per generare mappe di abbondanza su larga scala. Tuttavia, senza un trattamento appropriato di questi dati, potrebbero essere prodotte stime che non riflettono la vera distribuzione e abbondanza delle specie. La difficoltà di accedere a informazioni adeguate sullo sforzo di caccia o i diversi livelli di accuratezza disponibili costituiscono un ostacolo significativo per lo sfruttamento completo di questo tipo di dati.

Per questo motivo gli scienziati spagnoli del Gruppo di ricerca in Salute e Biotecnologia (SaBio) dell'Instituto de Investigación en Recursos Cinegéticos (IREC – CSIC, UCLM, JCCM), in collaborazione con i ricercatori francesi del Center d'Ecologie Functionnelle et Evolutive (CEFE: Université Montpellier, CNRS, EPHE, IRD), hanno sviluppato un nuovo approccio analitico che combina le statistiche di caccia di diverse specie, riuscendo a ottenere stime di abbondanza molto più precise. Utilizzando simulazioni, lo studio ha esplorato scenari in cui si potevano ottenere stime di abbondanza meno distorte e ha applicato il metodo a un caso reale che coinvolgeva quattro specie, cinghiale, capriolo, lepre iberica e volpe, nella regione spagnola Castiglia-La Mancia.

L'approccio impiega un quadro gerarchico che separa i fattori che influenzano l'abbondanza delle specie da quelli correlati all'attività di caccia. Per stimare l'abbondanza di una specie bersaglio, il modello utilizza informazioni provenienti dalle rese di caccia di altre specie (il "gruppo bersaglio di selvaggina") per informare le stime dello sforzo di caccia e della catturabilità. In questo modo, si ottengono stime che riflettono l'abbondanza della specie e non semplicemente il numero di animali catturati, e possono essere proiettate ad alta risoluzione su una mappa, fornendo informazioni essenziali per la gestione e la conservazione di queste specie.

I risultati ottenuti dal modello, una volta paragonati con altri metodi, hanno confermato che le stime ottenute rientravano nell'intervallo previsto. Il lavoro dei ricercatori indica quindi come possibile l’elaborazione di una nuova metodologia per ottenere informazioni sull'abbondanza delle specie basata sui dati derivanti dall’attività venatoria. Questo strumento potrebbe essere utilizzato laddove altri metodi più precisi, come per esempio la cattura-ricattura o campionamento a distanza, non sono praticabili. Inoltre, il quadro statistico è sufficientemente flessibile da integrare fonti di dati aggiuntive, come quelle provenienti da programmi di monitoraggio standardizzati. L’ennesima dimostrazione del ruolo chiave dell’attività venatoria nei programmi di monitoraggio e gestione della fauna selvatica.

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