di Matteo Brogi
Chi salverà il pianeta: i cacciatori o i vegetariani?
Le proteine animali fanno male alla salute e all'ambiente? Il tema interessa tutti, anche noi cacciatori. Purtroppo il dibattito sul tema è viziato dal fondamentalismo ideologico cui si può rispondere solo con i dati e con le conclusioni elaborate dagli studi scientifici. Di sicuro c'è che le alternative fino a ora individuate – carni sintetiche, alimentazione a base di insetti, vegetarianismo e veganismo – non risolvono in alcun modo il problema
La violenza verbale che anima il fondamentalismo vegetariano e vegano è una costante con la quale abbiamo imparato a misurarci. Coloro che si riconoscono in queste filosofie di vita spesso si sentono investiti di un ruolo che li spinge a un attivismo che disturba. La loro – che è una scelta personale che evidentemente non condivido ma ritengo legittima – diventa una missione, talvolta aggressiva, che vuole contrastare il carnivoro con ogni mezzo. Innanzitutto colpevolizzandolo e giocando su quella cosiddetta "eco-ansia" figlia dei nostri tempi.
Chi salverà il pianeta? Non il fondamentalismo, di sicuro
Guardiamo ai fatti. A difesa della zootecnia bisogna anzitutto dire che, dal punto di vista economico, l'allevamento e la trasformazione industriale per i settori bovino, suino e comparto lattiero caseario conta in Italia su un giro d'affari di oltre 46 miliardi di euro. Una componente che contribuisce in maniera determinante al Pil nazionale. Coloro che contrastano il nostro stile alimentare, però, evidenziano come la produzione di carne sia cresciuta per sei decenni consecutivi; il motore di questo incremento è identificato come Legge di Bennet, la teoria economica che suggerisce che, con l'aumentare del reddito, non solo aumenta la quantità di cibo consumata ma cambia anche la composizione del paniere alimentare a favore di verdure e carne a danno dei carboidrati. Il trend è in crescita e un rapporto di Ocse e Fao evidenzia come il consumo aumenterà ancora del 12% entro il 2029.
I soliti detrattori evidenziano come circa un quarto della superficie terrestre sia impegnato per la produzione di carne (allevamenti e soprattutto agricoltura finalizzata al sostegno della zootecnia) e come per la produzione di un singolo hamburger siano necessari almeno 150 litri di acqua. In un'epoca in cui il consumo di carne continua a crescere con tutti i corollari che ne conseguono (deforestazione, sviluppo delle monoculture, emissione di gas serra, inquinamento causato dagli allevamenti industriali) è inevitabile che qualche domanda dobbiamo porcela.
Quali alternative alle proteine animali?
Ecco quindi che il tema delle alternative sostenibili alla carne o, meglio, alle proteine animali, diventa di attualità. Le frontiere sono praticamente infinite e si estendono fin dove arriva la fantasia dell'uomo. C'è chi propone una dieta esclusiva di vegetali, chi suggerisce un'alimentazione a base di insetti, chi propende per la coltivazione di carni in coltura; delle carni sintetiche ho scritto diffusamente nell'articolo Carne finta e falsa sostenibilità. Di recente Singapore è diventato il primo Paese a permettere la vendita di carne coltivata in laboratorio: "carne di pollo" prodotta dalla start-up americana Eat Just. dall'Olanda arriva invece il progetto Bistro in vitro, un finto ristorante con un finto menu che esplora il potenziale impatto che la carne in vitro potrebbe avere sulla cultura alimentare e sul futuro della carne.
Il consumo di insetti è contemplato anche in Europa; la normativa che ne disciplina l'uso alimentare come "novel food" è il Regolamento (CE) 258/97, integrato da una relazione che potrebbe allargarne le maglie. Al momento sono stati autorizzati per il consumo umano le tarme della farina (luglio 2021), la locusta migratoria (novembre 2021) e i grilli domestici (febbraio 2022).
Vegetarianismo e veganismo
Ma veniamo alla grande alternativa, quella che a oggi si ammanta di una superiorità morale: quella veg, nelle sue varie accezioni. Questo settore in Italia ad oggi vale meno di 500 milioni di euro; una cifra non paragonabile a quella della zootecnia ma in crescita costante. A livello mondiale, Boston Consulting Group stima che il valore sarà di almeno 290 miliardi di dollari entro il 2035, quando rappresenterà il 10% del mercato totale delle proteine.
La supposta superiorità della dieta vegetale si scontra però con la realtà: i sostitutivi di latte e carni sono prodotti ultraprocessati che, per arrivare al consumatore finale, richiedono grandi quantità di energia e di acqua per la produzione. Per di più, è una dieta dannosa per la salute allo stesso modo, se non di più, di una dieta di sola carne. Lo testimoniano molti studi scientifici, raccolti da Jayne Rees Buxton nel saggio The Great Plant-Based Con. Un testo che si affianca al saggio No vegan del nutrizionista Luca Avoledo, che presenta una notevole bibliografia scientifica. In difesa del consumo di carne negli ultimi anni si sono moltiplicati i contenuti e segnalo Sacred cow di Diana Rodgers, La soia fa bene o fa male di Susanna Bramante, In difesa della carne di Andrea Bertaglio, Carne artificiale? No grazie di Gilles Luneau e Carnipedìa. Appunti per una piccola enciclopedia della carne di Giuseppe Pulina.
Danni collaterali
Ne emerge in maniera definitiva che escludere gli alimenti di origine animale dalla propria dieta è dannoso. Questa consapevolezza sta prendendo piede anche tra gli italiani: i dati 2022 di Eurispes indicano in calo il numero di vegetariani e vegani al 5,4% (5,8% nel 2021); i vegani sono oggi l'1,3% della popolazione (nel 2021 erano il 2,4%). Al tempo stesso il rapporto evidenzia come il 9,7% della popolazione vanta un passato da vegetariani ma ha abbandonato questa strada cercandone di nuove per dare un senso alla propria sensibilità etica nei confronti della sofferenza animale e della biodiversità del pianeta.
Le scelte più radicali avrebbero ulteriori conseguenze: l'esclusione dei capi di vestiario in lana, seta e pelle darebbe ancora più spazio a quelli sintetici; l'impatto della produzione di cibi come quinoa, avocado e tofu avrebbero impatti sempre più devastanti sulla biodiversità: basta pensare alle regioni andine convertite a monocolture di quinoa e a quelle messicane destinate all'avocado.
Insomma, gli stili di vita veg non sono assolutamente più etici o sostenibili e questo è un dato di partenza che non può trascurare chi è sensibile al tema. Sono, piuttosto, una scelta ideologica, con i suoi dogmi. Quasi una religione laica, con i suoi sacerdoti. Non c'è nessun motivo ambientale, nutrizionale e sociale (che spesso si sottovaluta) che dia una giustificazione scientifica a questa filosofia di vita.
Verso un sistema alimentare sostenibile
Ma, allora, esistono delle alternative al consumo della carne? Il rapporto di Ipes-Food The politics of protein non darà forse risposte al quesito ma evidenzia come le opinioni dominanti contro il consumo delle carni siano viziate da un furore ideologico che può avere conseguenze più dannose sull'ambiente degli errori che vorrebbero sanare. L'autore del rapporto, Phil Howard, segnala come le soluzioni pensate per sostituire le proteine animali «Non salveranno il pianeta. In molti casi peggioreranno i problemi del nostro sistema alimentare industriale aumentando la dipendenza dai combustibili fossili, le monoculture industriali, l'inquinamento, le cattive condizioni di lavoro, le diete dannose e il controllo da parte di enormi società. Dobbiamo cambiare il sistema – ribadisce Howard – non il prodotto». Il tema delle proteine è infatti solo una parte del problema; è necessario provvedere a una riformulazione dell'intero sistema alimentare, senza penalizzare la zootecnica che, nel mondo, contribuisce al sostentamento di oltre un miliardo e mezzo di persone. Il rapporto, con le sue conclusioni, raccomanda di spostare l'attenzione dalla "transizione proteica" a un sistema alimentare sostenibile, "con riforme alimentari localizzate".
Ai fini della salute dell'uomo, aggiungo, è fondamentale promuovere stili di vita che si basano su un'alimentazione bilanciata, dove le proteine animali si alternano con quelle rese disponibili da altre risorse. La buona vecchia dieta mediterranea continua a essere la miglior soluzione per una vita sana.
Il dibattito è interessante e queste nuove sensibilità faticano a trovare spazio sui media mainstream. Ma il vento sta cambiando.
Postilla a vantaggio degli scettici e dei critici. Quanto vale la mia opinione in tema di alimentazione? Zero. Sono solo un giornalista ma cerco di documentarmi affidandomi alle fonti scientifiche. E tra le fonti – come dimostrano gli studi menzionati in questo articolo e le bibliografie che li accompagnano – ce ne sono tante che mi invitano a pensare che una dieta vegetale o a base di carne vegetale o di insetti non sia la soluzione ai problemi dell'inquinamento e della perdita di biodiversità. Il cibo sintetico, in particolare, mi pare un'aberrazione e lo combatto idealmente come contrasto con tutti i mezzi che ho a disposizione le operazioni di ingegneria genetica che vedo applicare all'uomo. Come cacciatore sono consapevole che l'esercizio venatorio non può risolvere il fabbisogno proteico della popolazione mondiale; però, noi cacciatori abbiamo a disposizione il cibo più sano, completo, etico che esista. Ricordiamocene e approfittiamo di questo privilegio.
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