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Pubblicato il in Conservazione
di Matteo Brogi

Il manifesto del cacciatore moderno

La caccia - se praticata nel rispetto della legge e secondo i principi scientifici di gestione che suggerisce la scienza - è un elemento fondamentale nella conservazione della biodiversità e della gestione del territorio

In Italia il movimento della caccia ha seguito una curva che ha toccato il picco negli anni Ottanta del secolo scorso, per poi decrescere costantemente fino ai circa cinquecentomila praticanti di questi anni. Siamo passati, in un quarantennio, da una massa di cacciatori che ha messo seriamente in discussione la sostenibilità dell'esercizio venatorio a numeri e dinamiche che, all'opposto, pongono qualche quesito sulla sopravvivenza della caccia stessa. L'eta media che cresce inesorabilmente e la mancanza di un ricambio generazionale che colmi le fuoriuscite fanno sì che le licenze attive siano in drastica contrazione. Per certi aspetti, è inutile negarlo, non si tratta neppure di un trend negativo.

Il tema della reputazione del cacciatore...

L'ambiente è una realtà in continua evoluzione ed è quindi periodicamente necessario riconsiderare l'impatto della caccia e il ruolo del cacciatore nel suo rapportarsi con la natura. Oggi il cacciatore italiano paga il deficit di credibilità prodotto da chi l'ha preceduto, che si è gravemente disinteressato delle tematiche ambientali. Una situazione che ha prodotto nei confronti della caccia e dei cacciatori un clima di sospetto che trascende spesso nella condanna senza appello. Il tentativo di raccolta delle firme per il terzo referendum contro la caccia - miseramente fallita, peraltro - indica chiaramente che tra il mondo della caccia e quello dell'ambientalismo, anche moderato, c'è un'incomunicabilità che non giova a nessuno. Ma fuori dall'Italia, specie nelle nazioni del Centro e del Nord Europa, si assiste facilmente a un rapporto collaborativo su tematiche che coinvolgono sensibilità pur tra loro differenti.

... e il tema della conservazione

La questione si gioca nelle premesse. Conservazione, un tema caro alle battaglie ambientaliste, implica letteralmente il mantenimento di una determinata condizione ed è un termine che ha due accezioni piuttosto differenti. Quella propugnata dall'ambientalismo più intransigente punta alla preservazione radicale delle risorse naturali inibendone di fatto la fruizione da parte dell'uomo, quella moderata preferisce ipotizzare un utilizzo non indiscriminato delle risorse senza però modificare il rapporto tra queste e l'uomo. Chiaramente la visione della caccia varia in maniera considerevole a seconda che l'interlocutore appartenga alla prima o alla seconda accezione.
Va però sottolineato, e non lo si fa mai a sufficienza, che la caccia oggi è regolamentata da norme nazionali e da trattati internazionali che ne riconducono la gestione all'aspetto sovranazionale così come imposto dalla preservazione delle specie migratorie, che non conoscono confini e vanno tutelate ovunque. L'obiettivo è quello di conservare la salute delle specie oggetto di prelievo e di gestirle in maniera tale da tutelare la biodiversità e una ricchezza che è di tutti.

Esperienze concrete

Là dove una specie è in pericolo - non lo dicono i cacciatori ma i rapporti scientifici - la causa principale non è l'esercizio venatorio ma la perdita di habitat a causa dell'incuria, la cementificazione selvaggia, gli incendi, la corruzione. Solo raramente una cattiva gestione venatoria. Semmai il bracconaggio che, però, con la caccia e l'etica del cacciatore non può essere identificato. Solo le associazioni ambientaliste più in malafede giocano sul parallelismo tra caccia e bracconaggio, puntando sul fatto che talvolta utilizzino i medesimi strumenti e, altre volte, tra i cacciatori si nascondano anche dei bracconieri.

Per la caccia c'è sempre un posto

Piuttosto, e anche qui soccorrer la scienza che definisce le sue competenze, il cacciatore riveste un ruolo funzionale al mantenimento dell'equilibrio delle specie e, quindi, della biodiversità. Lo dimostrano le periodiche emergenze "cinghiale", dove al cacciatore è richiesto di essere davvero regolatore della presenza del selvatico in natura, e l'attuale allarme destato dal diffondersi anche in Italia della peste suina africana, nel cui contrasto il cacciatore - inteso come sentinella del territorio - riveste un ruolo importantissimo e una forte valenza sociale a favore della comunità nazionale. Per arrivare a consolidare il suo ruolo, il cacciatore italiano ha percorso un lungo cammino di consapevolezza. Nella caccia programmata il cacciatore ha un ruolo cruciale nel valutare lo status delle specie; è il caso della beccaccia, specie apri-pista oggetto di molteplici studi a cui i cacciatori e le associazioni venatorie partecipano fattivamente. Nella caccia di selezione, quella che si pratica agli ungulati, il prelievo diventa addirittura essenziale per il mantenimento della biodiversità e la sicurezza. In questo caso il cacciatore si fa davvero gestore dell'ambiente e provvede - mediante l'attuazione dei piani di prelievo elaborati secondo le Linee guida per la gestione degli Ungulati, redatte nel 2013 dall'Ispra e qui disponibili - al mantenimento di un equilibrio di cui beneficia la comunità.

L'ambiente al centro di tutto

La natura ha un valore morale per tutti e bisogna quindi prendersene cura a vantaggio della comunità e non di una sola categoria, siano i cacciatori o gli ambientalisti più estremisti. Nel suo ruolo di gestore, il cacciatore deve avere il coraggio di mettersi continuamente in discussione e di aggiornarsi, ad esempio rinunciando a pratiche (come l'uso del piombo, metallo tossico) che il principio di precauzione vorrebbe che si eliminassero. Deve essere sentinella del territorio, come sottolinea Fondazione Una, denunciando le attività illegali e rispettare le regole. Il cacciatore, in particolare in quest'epoca in cui la natura è diventata sconosciuta ai più, deve avere la capacità di mettersi alla testa di un movimento che guardi al benessere dell'uomo e delle sue necessità nel rispetto dell'ambiente.
Essere cacciatori moderni richiede il completamento di un processo di responsabilizzazione nei confronti dell'ambiente e della comunità nazionale, che include chi ha una differente visione ideale. Il legame tra chi pratica l'esercizio venatorio e territorio dovrà essere sempre più rafforzato, completando il processo di trasformazione del cacciatore in amministratore della casa comune. Il cacciatore che agisce con responsabilità fa il bene dell'ambiente e garantisce la permanenza della caccia tra gli strumenti più efficaci per la gestione faunistica.

Matteo Brogi
#Natura

Tratto da un articolo pubblicato sul numero 111 di #Natura, la rivista di ambiente e territorio dell'Arma dei Carabinieri.

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