Secondo il TAR dell'Emilia-Romagna, la nozione di caccia non va dunque limitata al solo prelievo venatorio e la stessa legislazione regionale mostra una connessione sempre più stretta tra pianificazione faunistico venatoria e pianificazione agro-silvo pastorale, dal momento che la programmazione dell'attività venatoria e il controllo del numero degli ungulati è funzionale anche alla prevenzione dei danni all'agricoltura
Secondo il TAR dell'Emilia-Romagna, la nozione di caccia non va dunque limitata al solo prelievo venatorio e la stessa legislazione regionale mostra una connessione sempre più stretta tra pianificazione faunistico venatoria e pianificazione agro-silvo pastorale, dal momento che la programmazione dell'attività venatoria e il controllo del numero degli ungulati è funzionale anche alla prevenzione dei danni all'agricoltura - © Giordano Tognarelli
Pubblicato il in Conservazione
di Diana & Wilde

La caccia a salvaguardia degli interessi costituzionali

Il TAR dell'Emilia-Romagna ribadisce che la caccia svolge una funzione di salvaguardia di interessi meritevoli di tutela costituzionale

A cura dell’avvocato Erika Cieri

Una recente e significativa pronuncia dei giudici amministrativi ha chiarito che la sottrazione dei propri fondi agricoli all’attività venatoria non è ammessa per obiezione di coscienza, avanzata dal proprietario di un fondo con riferimento alla Convenzione europea dei Diritti dell'Uomo, il trattato internazionale mediante il quale gli Stati membri del Consiglio d'Europa garantiscono i diritti fondamentali civili e politici. Di fatto “pur tutelando la CEDU il diritto all’obiezione di coscienza del proprietario, lo stesso non può pretendere che il proprio fondo sia sottratto dalla pianificazione faunistico venatoria perché quest’ultima non riguarda solo la mera caccia bensì anche interessi diffusi meritevoli di tutela costituzionale.

Posto che: “Il diritto all'obiezione di coscienza tutelato, in particolare, dall'art. 9 della Convenzione EDU, come interpretato dalla Corte di Strasburgo (nel senso che il proprietario di un fondo non è tenuto a tollerare che altri vi pratichino la caccia, se l'esercizio di tale attività è contrario alle proprie convinzioni personali e morali), è in contrasto con gli articoli 2 (dovere di solidarietà) 9 (tutela dell'ambiente) 42 (funzione sociale della proprietà) della Costituzione, poiché diversamente opinando si ostacolerebbe l'attuazione della pianificazione faunistico venatoria di cui all'articolo 10 della legge n. 157/92, potendo ogni singolo proprietario di fondi agricoli sottrarli dall'attività venatoria per ragioni puramente etiche, compromettendo gli interessi pubblici sottesi alla suddetta pianificazione.”
TAR Bologna, (Emilia-Romagna) sez. II, 06 maggio 2024, n. 321.

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2018: la domanda di sottrazione dei fondi

La pronuncia tra origine da un ricorso presentato da Ba. Al. e le associazioni animaliste Lega Nazionale per la Difesa del Cane e Animal Liberation Antivivisezione Diritti degli Animali Onlus.
Nell’atto introduttivo espongono le ricorrenti, che la sig.ra Ba. ha presentato alla Regione Emilia-Romagna il 20 dicembre 2018 domanda di sottrazione dei propri fondi ubicati nel Comune di Riolo Terme (RA) all'attività venatoria ai sensi dell'art. 15 della Legge 11 febbraio 1992 n. 157 e dell'art. 15 della L.R. 15 febbraio 1994 n. 8. A motivo dell'istanza la sig.ra Ba. indicava ragioni di carattere etico e precisamente il diritto quale proprietaria del fondo all'obiezione di coscienza essendo l'attività venatoria in contrasto con le proprie radicate convinzioni etiche e morali.

La Regione respinge

Con determinazione del Dirigente del Servizio Territoriale Agricoltura Caccia e Pesca di Ravenna n. 4056 del 6 marzo 2019 la Regione ha respinto la suddetta istanza con la seguente articolata motivazione:
"- il fondo non presenta colture definibili "ad alta specializzazione" e in ogni caso non sono state descritte e dimostrate le specifiche motivazioni che rendono tali colture vulnerabili all'attività venatoria, nonostante i divieti già previsti dall'art. 15, comma 7, della Legge n. 157/92 e definiti con il calendario venatorio regionale;
- la motivazione di carattere etico non è annoverata fra quelle che possono fondare la richiesta di sottrazione del fondo secondo la vigente disciplina regionale di cui alla DGR 1869/18;
- la sottrazione richiesta ostacolerebbe l'attuazione della pianificazione faunistico-venatoria di cui all'art. 10 della L. 157/92, essendo il fondo in oggetto ricadente in area vocata alla presenza di ungulati, che richiede grande attenzione e continua gestione nel tempo, al fine di limitare la loro naturale espansione verso le aree agricole adiacenti, con conseguenti ingenti danni alle attività agricole, vanificando gli obbiettivi gestionale del Piano faunistico venatorio regionale.

Sottrarre fondi all'attività venatoria per ragioni puramente etiche compromette gli interessi pubblici sottesi alla pianificazione regionale
Sottrarre fondi all'attività venatoria per ragioni puramente etiche compromette gli interessi pubblici sottesi alla pianificazione regionale - © Diana & Wilde

Il successivo ricorso

Con il ricorso in esame la sig.ra Ba. e le associazioni animaliste hanno impugnato la suindicata determinazione, unitamente alla DGR n. 1869/2018, deducendo motivi così riassumibili:

I) In via preliminare sulla legittimazione a ricorrere delle associazioni Lega nazionale Per la Difesa del Cane e Animal Liberation Antivivisezione Diritti degli Animali ONLUS: le associazioni ricorrenti avrebbero piena legittimazione attiva in quanto portatrici dell'interesse diffuso alla salvaguardia ambientale e faunistica secondo i rispettivi statuti; la Corte Europea dei Diritti dell'Uomo con varie pronunce ha affermato che l'obbligo di tollerare la caccia sul proprio terreno costituisce una interferenza con la libertà di coscienza tutelata dall'art. 9 della CEDU.

II) In merito alla determinazione del dirigente del Servizio Territoriale Agricoltura Caccia e Pesca di Ravenna - Direzione Generale Agricoltura Caccia e Pesca n. 4056 del 06.03.2019, DPG/2019/4227 del 06.03.2019 - Violazione e falsa applicazione dall'art. 15 della Legge 11 febbraio 1992 n. 157 e dell'art. 15 della L.R. 15 febbraio 1994 n. 8, - Violazione dell'art. 117 della Costituzione anche in relazione all'art. 9 della Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo - Eccesso di potere per difetto dei presupposti di legge, insufficienza e contraddittorietà della motivazione - Eccesso di potere per sviamento - Ai sensi del combinato disposto dell'art. 97 Costituzione e dell'art. 21 octies Legge n. 241/1990: la DGR n. 1869/2018 sarebbe in contrasto sia con la legge quadro statale n. 157/1992 che con la legge regionale n. 81/1994 intervenendo in ambito coperto da riserva di legge; la motivazione della determinazione gravata sarebbe del tutto inconferente dal momento che la sig.ra Ba. non ha indicato nella domanda la necessità di protezione delle colture e che tra gli obiettivi del Piano faunistico venatorio non rientra quello di limitare la naturale espansione degli ungulati verso le aree agricole adiacenti.

III) In merito alla Delibera della Giunta Regionale dell'Emilia Romagna n. 1869 del 5 novembre 2018, allegato 1, punto 3 - Violazione e falsa applicazione dall'art. 15 della Legge 11 febbraio 1992 n. 157 e dell'art. 15 della L.R. 15 febbraio 1994 n. 8, - Violazione dell'art. 117 della Costituzione anche in relazione all'art. 9 della Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo - Eccesso di potere per difetto dei presupposti di legge, insufficienza e contraddittorietà della motivazione - Eccesso di potere per sviamento - Ai sensi del combinato disposto dell'art. 97 Costituzione e dell'art. 21 octies Legge n. 241/1990: la DGR n. 1869 del 2018 quale fonte regolamentare attuativa sarebbe illegittima anche per contrasto con l'art. 117 co. 1, Cost in relazione alla CEDU quale norma costituzionale interposta con particolare riferimento all'art. 9 in tema di libera espressione del pensiero.”

Si è costituita la Regione eccependo l'infondatezza del ricorso non rientrando le ragioni di carattere etico tra quelle previste nella normativa regionale per la sottrazione dei fondi all'attività venatoria, come già indicato nella determinazione impugnata, ragioni che ostacolerebbero l'attuazione della pianificazione faunistico venatoria; l'attività venatoria sui terreni in questione sarebbe utile anche per la sicurezza stradale in considerazione della segnalata presenza di ungulati.

Con memoria di replica la difesa delle ricorrenti ha eccepito l'inammissibilità del tentativo da parte della Regione di integrare in via postuma mediante memoria difensiva la motivazione della determinazione gravata, la quale sarebbe priva di ogni riferimento in punto di pregiudizio per la sicurezza stradale.

2024: si esprime il TAR

Alla pubblica udienza del 23 aprile 2024, uditi i difensori delle parti, la causa è stata trattenuta in decisione.

Il TAR Bologna, (Emilia-Romagna) sez. II, ha rigettato il ricorso svolgendo le seguenti considerazioni in diritto:

“1 - È materia del contendere la legittimità del provvedimento con cui la Regione Emilia Romagna ha respinto l'istanza della sig.ra Ba. volta alla sottrazione dei propri fondi agricoli all'attività venatoria ai sensi dell'art. 15 della Legge 11 febbraio 1992 n. 157 e dell'art. 15 della L.R. 15 febbraio 1994 n. 8 nonché della DGR n. 1869/2018 parimenti impugnata.
Lamentano le odierne ricorrenti ovvero la proprietaria dei fondi e le associazioni animaliste in epigrafe indicate, la violazione del diritto all'obiezione di coscienza tutelato in particolare dall'art. 9 della Convenzione EDU, come interpretato dalla Corte di Strasburgo, che si traduce nella fattispecie nella libertà di non rendere disponibile il fondo per la cattura e l'uccisione degli animali selvatici, diritto tuttavia non ricompreso tra le ragioni indicate nell'impugnata DGR per la sottrazione dei fondi dall'attività venatoria.

2 - Il ricorso è infondato e va respinto.

3 - Giova premettere che ai sensi dell'art. 15 co. 4 della legge quadro n. 157/92 "La richiesta è accolta se non ostacola l'attuazione della pianificazione faunistico-venatoria di cui all'articolo 10. È altresì accolta, in casi specificatamente individuati con norme regionali, quando l'attività venatoria sia in contrasto con l'esigenza di salvaguardia di colture agricole specializzate nonché di produzioni agricole condotte con sistemi sperimentali o a fine di ricerca scientifica, ovvero quando sia motivo di danno o di disturbo ad attività di rilevante interesse economico, sociale o ambientale”.

Il primo comma del suindicato art. 15 contempla a favore dei proprietari o conduttori dei fondi inclusi nel piano faunistico venatorio regionale un contributo da determinarsi a cura dell'amministrazione regionale in relazione alla estensione, alle condizioni agronomiche, alle misure dirette alla tutela e alla valorizzazione dell'ambiente.

A sua volta l'art. 15 della L.R. n. 8/1994 stabilisce che
1. Il proprietario o conduttore che a norma del comma 3 dell'art. 15 della legge statale intenda vietare la caccia nel proprio fondo rustico deve presentare richiesta motivata alla Regione entro trenta giorni dalla pubblicazione del piano faunistico [provinciale] oppure, in caso di sopravvenute e comprovate esigenze, entro il 31 dicembre di ogni anno successivo.
2. La Regione, entro i successivi sessanta, giorni, con provvedimento motivato si pronuncia sulla richiesta e la accoglie se non ostacola il piano faunistico-venatorio [provinciale] e nei casi di esigenza di salvaguardia di colture agricole specializzate, nonché di produzioni agricole condotte con sistemi sperimentali o a fine di ricerca scientifica ovvero di attività di rilevante interesse economico, sociale ovvero di attività di rilevante interesse economico, sociale o ambientale.
3. In presenza di attività di rilevante interesse ambientale la domanda deve essere corredata dal piano di ripristino o mantenimento ambientale finalizzato all'incremento o alla protezione delle specie incluse nell'Allegato I della 2009/147/CE, sulla conservazione degli uccelli selvatici, e successive modificazioni".

La DGR n. 1869 del 5 novembre 2018, norma attuativa della suindicata legge regionale, nell'allegato I, parte integrante e sostanziale, oltre a definire le colture specializzate e le attività di rilevante interesse economico, sociale e ambientale ha stabilito testualmente che: "Ai fini della individuazione dei casi di ostacolo all'attuazione del Piano Faunistico-Venatorio regionale, il Servizio Territoriale competente valuta che la richiesta di sottrazione del fondo non impedisca il raggiungimento degli obiettivi riassunti di seguito:
- la compatibilità nel territorio tra presenza della fauna selvatica e attività antropiche ivi comprese le collisioni stradali;
- il raggiungimento delle densità obiettivo indicate nel Piano e riferite a ciascuna specie, con particolare riferimento agli ungulati, il cui strumento gestionale è rappresentato dalla gestione programmata dell'attività venatoria. Ampie estensioni non gestite sotto l'aspetto venatorio possono infatti costituire serbatoi nei quali gli ungulati, come più volte sottolineato dall'ISPRA, trovano agevole rifugio con il conseguente fenomeno negativo definito "effetto spugna" a discapito dei territori circostanti".

La Convenzione europea dei diritti dell’uomo tutela anche il diritto all’obiezione di coscienza del proprietario di un fondo ma, lo stesso, non può pretendere che il proprio fondo sia sottratto dalla pianificazione faunistico venatoria perché quest’ultima non riguarda solo la mera caccia bensì anche interessi diffusi meritevoli di tutela costituzionale
La Convenzione europea dei diritti dell’uomo tutela anche il diritto all’obiezione di coscienza del proprietario di un fondo ma, lo stesso, non può pretendere che il proprio fondo sia sottratto dalla pianificazione faunistico venatoria perché quest’ultima non riguarda solo la mera caccia bensì anche interessi diffusi meritevoli di tutela costituzionale - © Diana & Wilde

4 - Così brevemente ricostruito, per quel che qui interessa, il quadro normativo di riferimento, va evidenziato che effettivamente la Corte Europea dei Diritti dell'Uomo con varie pronunce ha affermato che il proprietario di un fondo non è tenuto a tollerare che altri vi pratichino la caccia, se l'esercizio di tale attività si pone in contrasto con le proprie convinzioni personali e morali. Secondo la Corte di Strasburgo infatti, essendo l'attività venatoria esercitata a fini prevalentemente ricreativi, una legislazione nazionale non può impedire al proprietario di negare l'accesso al proprio fondo quando la caccia è vista da chi non la pratica come una ingerenza sproporzionata di terzi nella propria sfera privata (CEDU-Grande Camera, 26.6.2012, Herrmann vs. Germania) richiamandosi all'art. 9 CEDU in tema di libera espressione del pensiero oltre che al Primo ProtAdd. CEDU in tema di tutela del diritto di proprietà.
La Corte di Strasburgo - come evidenziato da parte ricorrente - ha dunque aderito ad un concetto ampio di proprietà comprensivo di un vero e proprio diritto di esprimere e attuare, attraverso il fondo, le proprie idee che si traduce nella libertà di non rendere disponibile il proprio fondo per la cattura e l'uccisione degli animali selvatici.

5 - Si pone dunque un problema di rapporto tra la CEDU e le fonti interne con particolare riferimento alle norme costituzionali le quali sono sovraordinate alla Convenzione EDU, dal momento che sia la legge n. 157/1992 che la legge regionale n. 8/1994 e la DGR attuativa non contemplano il diritto di obiezione di coscienza da parte del proprietario del fondo.
Come noto infatti l'art. 117, co. 1, Cost. condiziona l'esercizio della potestà legislativa dello Stato e delle Regioni al rispetto degli obblighi internazionali, tra i quali rientrano quelli derivanti dalla convenzione europea dei diritti dell'uomo, le cui norme (come interpretate dalla Corte europea dei diritti dell'uomo) costituiscono fonte integratrice del parametro di costituzionalità introdotto dal citato comma 1 dell'art. 117 Cost. e la loro violazione da parte di una legge statale o regionale comporta che tale legge - ove non possibile l'interpretazione conforme - deve essere dichiarata illegittima dalla Corte costituzionale, sempre che la norma della convenzione non risulti a sua volta in contrasto con una norma costituzionale (ex multisCorte Costituzionale, 11 novembre 2011, n. 303; Id. 24 ottobre 2007 n. 348 e 24 ottobre 2007n. 349; Id. 26 novembre 2009, n. 311; Id. 4 dicembre 2009 n. 317; Consiglio di Stato sez. V, 21 febbraio 2020, n. 1326).

A differenza del diritto comunitario, come ripetutamente chiarito dalla Corte costituzionale, quest'ultimo suscettibile di applicazione diretta da parte del giudice nazionale, con eventuale contestuale disapplicazione delle norme di diritto interno con esso contrastanti, il diritto convenzionale, in quanto appartenente al genus del diritto internazionale pattizio, non può essere direttamente applicato dal giudice comune, il quale dovrà risolvere le eventuali antinomie interpretando le norme interne in senso conforme alle norme convenzionali, salva come detto la possibilità di sollevare una questione di legittimità costituzionale delle prime per contrasto con l'art. 117 Cost. (ex multis Cassazione civile sez. I, 21 febbraio 2024, n. 4691; Corte Cost. 24 ottobre 2007 n. 348 e 24 ottobre 2007n. 349; Id. 26 novembre 2009, n. 311; Id. 4 dicembre 2009 n. 317).
Il tentativo di interpretazione conforme peraltro non può consentire al giudice di travalicare il dato testuale della norma interna (Corte Cost. 24 febbraio 2017, n. 42) e giungere ad una vera e propria sua disapplicazione non consentita appunto per il contrasto con la convenzione EDU di fatto, nel caso di specie, integrando la normativa statale e regionale inserendo ex novo una fattispecie di sottrazione dei fondi agricoli dall'attività venatoria non contemplata dal legislatore.

6 - Tanto doverosamente premesso giova rilevare come il Piano faunistico venatorio di cui all'art. 10 legge 157/92, diversamente da quanto affermato dalle ricorrenti, non è diretto a tutelare solamente l'esercizio dell'attività venatoria, quale attività sicuramente priva di copertura costituzionale, ma specifici interessi pubblici di rilievo costituzionale con particolare riferimento alla conservazione e tutela della fauna selvatica e dell'ecosistema (Corte Costituzionale, 4 dicembre 2009, n. 316).
La nozione di caccia non va dunque limitata al solo prelievo venatorio e la stessa legislazione regionale mostra una connessione sempre più stretta tra pianificazione faunistico venatoria e pianificazione agro-silvo pastorale, dal momento che la programmazione dell'attività venatoria ed il controllo del numero degli ungulati è funzionale anche alla prevenzione dei danni all'agricoltura come peraltro previsto nella stessa DGR 1869/2018 impugnata.
La disciplina dell'attività venatoria rientrante dopo la Riforma del Titolo V nella competenza residuale regionale (Corte Costituzionale, 16 novembre 2018, n. 206) così come l'agricoltura (Corte Costituzionale, 27 ottobre 2022, n. 222) può dunque anche tener conto dell'esigenza di prevenire danni alle persone e cose provocati dagli ungulati, la cui proliferazione è notoriamente fonte di pericolo per la sicurezza stradale e l'agricoltura.

7 - Ne consegue, ad avviso del Collegio, la non applicabilità delle norme della Convenzione EDU richiamate dalle ricorrenti, da ritenersi non compatibili con gli artt. 2 (dovere di solidarietà) 9 (tutela dell'ambiente) 42 (funzione sociale della proprietà) della Costituzione, poiché diversamente opinando si ostacolerebbe l'attuazione della pianificazione faunistico venatoria di cui all'art. 10 della legge n. 157/92 potendo ogni singolo proprietario di fondi agricoli sottrarli dall'attività venatoria per ragioni puramente etiche compromettendo gli interessi pubblici sottesi alla suddetta pianificazione, di fatto disapplicando l'art. 15 co. 4 primo capoverso della legge quadro.

8 - Diversamente poi da quanto sostenuto dalle ricorrenti l'esigenza di tutela della sicurezza stradale rappresentata in via postuma nella memoria difensiva regionale e comunque contemplata nella stessa DGR impugnata è del tutto irrilevante, risultando le ragioni autonome indicate nella determinazione impugnata del tutto sufficienti a supportarne la motivazione di diniego.

9 - In conclusione tutte le doglianze inerenti la determinazione del 6 marzo 2019 non meritano adesione.

10 - Prive di pregio sono altresì le censure mosse nei confronti della presupposta DGR n. 1869 del 2018. Per le esaminate integrazioni tra la disciplina dell'attività venatoria e la materia dell'agricoltura rientranti nella competenza regionale le disposizioni contenute nell'allegato I della DGR sono immuni dalle doglianze dedotte, fermo restando quanto sopra esposto in punto di impossibilità di integrare tale disciplina regolamentare con l'invocato diritto all'obiezione di coscienza.

11 - Per i suesposti motivi il ricorso è infondato e va respinto”.

Articolo concesso da Diana & Wilde / Edizioni Lucibello, aprile 2025

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