Tra le specie selvatiche, il cinghiale è quella che crea i più evidenti conflitti con le attività economiche e la sicurezza dei cittadini
Tra le specie selvatiche, il cinghiale è quella che crea i più evidenti conflitti con le attività economiche e la sicurezza dei cittadini - © Andrea Dal Pian
Pubblicato il in Conservazione
di Matteo Brogi

Le differenze tra caccia e controllo

Ci sono specie selvatiche portate inevitabilmente a entrare in conflitto con le attività antropiche. L'esempio più comune è quello del cinghiale, la cui gestione richiede interventi di contenimento massicci al fine di tutelare la sicurezza e le attività economiche

Specie comunemente definita come invasiva, il cinghiale ha un tasso di riproduzione elevato che porta a un incremento utile annuo che può raggiungere il 200%. La sua densità, inevitabilmente crescente, può entrare in conflitto con le attività economiche e le esigenze di sicurezza della popolazione, che devono essere garantite dallo Stato. Ecco perché, al fianco delle attività venatorie (selezione, braccata, girata), può rendersi necessaria un'attività di contenimento ulteriore, che con la caccia condivide le finalità (la gestione della specie) e parzialmente gli strumenti ma si svolge in un contesto normativo differente. Possono essere chiamati a svolgerla anche i cacciatori, in possesso di opportune abilitazioni aggiuntive, mediante un'attività di volontariato di pubblica utilità che purtroppo, per molti motivi, non viene apprezzata dalla comunità. Talvolta sono purtroppo gli stessi cacciatori a boicottare le attività di controllo con conseguenze che oggi sono sotto gli occhi di tutti: il coinvolgimento di figure terze, soggetti privati che - specie in epoca di peste suina africana dilagante - si fanno carico delle operazioni gestionali indispensabili per limitare la diffusione del virus. L'ennesima sconfitta che il mondo venatorio si è auto-inflitto.

Se l'esercizio dell'attività venatoria è sottoposto a limiti di natura temporale, territoriale, di specie cacciabili e di mezzi da utilizzare, le attività di controllo, che mirano al contenimento delle specie, seguono normative differenti ma devono, in linea di principio, essere caratterizzate da basso impatto ambientale, alta efficienza e massima selettività, al fine di prelevare quegli esemplari che, per sesso e classi di età, sono maggiormente dannosi per l'equilibrio ambientale.

Quando è caccia...

Secondo la legge quadro 157/92, la fauna selvatica è patrimonio indisponibile dello Stato ed è tutelata nell'interesse della comunità nazionale e internazionale (articolo 1, comma 1). Il comma 2 stabilisce che l'esercizio dell'attività venatoria è consentito purché non contrasti con l'esigenza di conservazione della fauna selvatica e non arrechi danno alle produzioni agricole; in determinati periodi e a determinate condizioni, quindi, possono essere prelevate alcune specie indicate dall'articolo 18 e dai Calendari regionali.

...e quando è controllo

Il riferimento normativo che autorizza il controllo lo troviamo nell'articolo 19 della solita legge 157/92 che, nella sua nuova formulazione, al comma 2 recita:

Le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, per la tutela della biodiversità, per la migliore gestione del patrimonio zootecnico, per la tutela del suolo, per motivi sanitari, per la selezione biologica, per la tutela del patrimonio storico-artistico, per la tutela delle produzioni zoo-agro-forestali e ittiche e per la tutela della pubblica incolumità e della sicurezza stradale, provvedono al controllo delle specie di fauna selvatica anche nelle zone vietate alla caccia, comprese le aree protette e le aree urbane, anche nei giorni di silenzio venatorio e nei periodi di divieto.
Qualora i metodi di controllo impiegati si rivelino inefficaci, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano possono autorizzare, sentito l'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, piani di controllo numerico mediante abbattimento o cattura. Le attività di controllo di cui al presente comma non costituiscono attività venatoria.

Cadono quindi le limitazioni di natura temporale, territoriale, di mezzi da utilizzare e di specie cacciabili.

Il contributo dei cacciatori

Il comma 3 del medesimo articolo prevede che gli interventi possano essere attuati dai cacciatori iscritti agli ATC o CA delle aree interessate (previa frequenza di corsi di abilitazione autorizzati), sotto il coordinamento dei corpi di polizia regionali o provinciali competenti, dai proprietari o conduttori dei fondi dove si attuano i piani (purché muniti di licenza e formati), dalle guardie venatorie, dagli agenti dei corpi di polizia locale con l'eventuale supporto del personale del Comando unità per la tutela forestale, ambientale e agroalimentare dell'Arma dei Carabinieri.

La legge di bilancio 2023 ha aggiunto alla legge 157/92 l'articolo 19-ter che prevede l'adozione di un Piano straordinario per la gestione e il contenimento della fauna selvatica, di durata quinquennale, che è stato approvato con il decreto 13 giugno 2023 del Ministero dell'ambiente e della sicurezza energetica. Si tratta di uno strumento programmatico molto importante per la gestione della fauna selvatica, di cui abbiamo già scritto.

Il controverso caso del lupo

L'articolo unico del decreto rinvia per i dettagli del Piano straordinario a un allegato che fornisce indicazioni specifiche su cinghiale (punto 3), cervidi e bovidi (punto 4), specie esotiche invasive (punto 5) e "altre specie" (punto 6) dove si fa specifico riferimento al lupo:

I dati forniti da ISPRA nel 2022 attestano un miglioramento dello stato di conservazione del lupo che permetterebbe di superare il divieto totale di deroghe alla rimozione di lupi contenuto nel piano d'azione del 2002. Eventuali rimozioni di individui di lupo saranno autorizzate seguendo l'iter autorizzativo previsto dal decreto del Presidente della Repubblica n. 357 del 1997, nel pieno rispetto della direttiva Habitat.

Il Piano straordinario per la gestione e il contenimento della fauna selvatica, di durata quinquennale, è un importante strumento programmatico introdotto nel 2023 nella legge 157/92. Vi si legge, tra l'altro, l'auspicio di riuscire a superare il divieto totale di deroghe alla rimozione della specie lupo, nel rispetto dell'iter autorizzativo già previsto dalla legge (DPR 357/1997)
Il Piano straordinario per la gestione e il contenimento della fauna selvatica, di durata quinquennale, è un importante strumento programmatico introdotto nel 2023 nella legge 157/92. Vi si legge, tra l'altro, l'auspicio di riuscire a superare il divieto totale di deroghe alla rimozione della specie lupo, nel rispetto dell'iter autorizzativo già previsto dalla legge (DPR 357/1997) - © Andrea Dal Pian

Si tratta di una determinazione in linea con le volontà di autorevoli rappresentanti del Governo, suffragata da tanta letteratura scientifica e - aggiungo io - dal buonsenso. È però necessario fare un breve excursus per capire se e come questa strada sia praticabile.

Lo status di protezione del Canis lupus

Il Canis lupus è una specie che riceve una particolare protezione da parte di Convenzioni internazionali, dalla normativa europea, nonché dalle disposizioni di rango nazionale. A livello internazionale, è protetta dalla Convenzione di Berna del 1979, ratificata dall'Italia con la legge 503/81, che annovera il canide tra le specie animali "strettamente protette"; lo scorso 22 dicembre, la proposta di declassarlo a "specie protetta" avanzata dal Dipartimento federale dell'ambiente della Svizzera è stata respinta. La preesistente Convenzione di Washington sul "Commercio internazionale delle specie di fauna e flora selvatiche minacciate di estinzione"(CITES), ratificata dall'Italia con la legge 874/75, rafforza la protezione.

In ambito comunitario, va segnalata la direttiva 92/43/CEE (in cui il lupo è inserito tra le specie prioritarie di interesse comunitario che richiedono una protezione rigorosa). Gli Stati membri sono richiamati a istituire un regime di "rigorosa tutela" che include, tra l'altro, il divieto di qualsiasi forma di cattura o uccisione. Sono però previste delle deroghe che operano nelle ipotesi di conflittualità in cui non ci sia altra soluzione valida e sempre che non pregiudichino il mantenimento, in uno "stato di conservazione soddisfacente", delle popolazioni della specie interessata nella sua area di ripartizione naturale. I casi in cui si può derogare dalla protezione sono elencati nell'articolo 16:

  • per proteggere la fauna e la flora selvatiche e conservare gli habitat naturali;
  • per prevenire gravi danni, segnatamente alle colture, all'allevamento, ai boschi, al patrimonio ittico e alle acque e ad altre forme di proprietà;
  • nell'interesse della sanità e della sicurezza pubblica o per altri motivi imperativi di rilevante interesse pubblico, inclusi motivi di natura sociale o economica;
  • per finalità didattiche e di ricerca, di ripopolamento e di reintroduzione;
  • per consentire, in condizioni rigorosamente controllate, su base selettiva e in misura limitata, la cattura o la detenzione di un numero limitato di esemplari.

Di deroghe e delle loro interpretazioni

L'interpretazione di questa direttiva ha portato a una controversia tra la Commissione europea e la Finlandia, che ormai da tempo sta attuando interventi gestionali sulla densità della specie. La Corte di Giustizia UE, il 10 ottobre 2019, ha riconosciuto che la deroga può applicarsi legittimamente, seppur eccezionalmente, purché siano rispettati i criteri dell'analisi puntuale della popolazione faunistica interessata, della valutazione delle misure alternative, della dimostrazione della necessità ed efficacia della soluzione adottata, della valutazione preventiva degli effetti della cattura/abbattimento sulla dinamiche della stessa specie faunistica interessata. Dimostrando che è quindi possibile gestire anche il lupo qualora vi sia una rigorosa base scientifica a supporto.

La proposta di declassare il lupo a
La proposta di declassare il lupo a "specie protetta" è stata respinta a dicembre 2023 dalla Comitato permanente della Convenzione di Berna. Il diritto all'applicazione delle deroghe nei confronti della specie è comunque stato sancito in casi eccezionali, nel rispetto di specifici criteri, dalla Corte di Giustizia dell'Unione europea - © Andrea Dal Pian

In Italia, il quadro normativo è coerente con quello sovranazionale e, con il DPR 357 del 1997, si disciplinano le regole al regime di protezione del lupo. L'articolo 11 - ricordate le finalità menzionate nella direttiva europea - prevede che la deroga debba essere autorizzata dal Ministero dell'ambiente, sentiti il Ministero dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste e l'ISPRA (Istituto nazionale per la fauna selvatica) "a condizione che non esista un'altra soluzione valida e che la deroga non pregiudichi il mantenimento, in uno stato di conservazione soddisfacente, delle popolazioni della specie interessata".

Parlare di controllo del lupo, quindi, è possibile. Che si voglia farlo, è tutt'altra cosa.

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