di Redazione
La colpa è dell'uomo, non certo dell'orso
L'orso responsabile dell'aggressione mortale ai danni di Andrea Papi è JJ4, femmina di diciassette anni che avrebbe dovuto essere abbattuta nel 2020 ma che è stata "graziata" da una sentenza del Tar che bocciò l'ordinanza di rimozione. Eppure il PACOBACE è chiaro e prescrive una serie di azioni che dovrebbero guidare la gestione dei plantigradi, ma che, il più delle volte, non vengono applicate
Le analisi genetiche condotte nei laboratori della Fondazione Edmund Mach hanno portato all'individuazione dell'orso responsabile dell'aggressione mortale ai danni di un podista lo scorso 5 aprile. Si tratta di Jj4, una femmina di diciassette anni già nota per essere quello che viene definito un orso problematico e autrice di un'altra aggressione, fortunatamente meno grave, nel giugno del 2020. Anzi, Jj4 è un'orsa problematica figlia, guarda caso, di un'altra orsa problematica. La madre Jurka infatti era uno degli orsi sloveni inizialmente liberati in Trentino in seno al progetto Life Ursus che però, proprio per la sua problematicità, venne successivamente rimossa.
Nel 2020, Jj4, già troppo confidente e accompagnata da due piccoli, aveva aggredito due cacciatori, padre e figlio, sul monte Peller e si era deciso, in accordo con le linee guida del PACOBACE (Piano d'Azione interregionale per la Conservazione dell'Orso Bruno sulle Alpi CEntro-orientali), di abbatterla. Fugatti aveva emanato un'ordinanza, che però venne impugnata dagli animalisti e annullata dal Tar. Sostanzialmente i giudici, contraddicendo il documento tecnico redatto da Ministero e Ispra, ritennero sproporzionata la decisione presa rispetto al comportamento dell'orsa e rispetto al fatto che Jj4 avesse con sé dei piccoli.
Va inoltre precisato che, proprio a causa della sua problematicità, l'orsa in questione, per la quale ora sarà firmata un'altra ordinanza di abbattimento che ci auguriamo nessuno abbia il coraggio di impugnare e/o annullare, era stata dotata di radiocollare. Ci si dovrebbe però interrogare sul perché quel radiocollare sia scarico e non sia stato sostituito a tempo debito e su come, indipendentemente dalla sentenza del Tar, le azioni di monitoraggio e dissuasione dell'orsa, impossibili senza il tracciamento satellitare, siano stare portate avanti in questi tre anni.
Forse, pur non avendo una grande conoscenza etologica della specie o delle dinamiche legate al progetto di reintroduzione dell'orso in Trentino e alla sua (non) gestione degli anni seguenti, non è difficile capire che le responsabilità di quanto successo non sono ascrivibili all'orso, che è colpevole solamente di comportarsi come tale, ma a chi ha interferito con la corretta applicazione di quei principi, di buon senso prima ancora che tecnici, che avrebbero dovuto accompagnare il ritorno della specie sulle alpi orientali.
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