Buona parte dei comuni della provincia di Parma sono ricompresi in una delle due zone di restrizione
Buona parte dei comuni della provincia di Parma sono ricompresi in una delle due zone di restrizione - © Scott Brenner
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Psa, si allarga la zona di restrizione. Prosciutti addio?

La Commissione europea ha aggiornato le zone di restrizione della peste suina che ora comprendono, tra gli altri, buona parte dei Comuni della provincia di Parma

Nella giornata di ieri è stato pubblicato nella gazzetta Ufficiale dell'Unione Europea il testo del Regolamento di esecuzione 2024/1171 che modifica le zone di restrizione attualmente vigenti e che stabilisce misure speciali di controllo per la peste suina africana. Per quanto riguarda il nostro Paese, il principale fronte di avanzamento della malattia è localizzato in Emilia Romagna.

Da ieri, quindi, buona parte dei Comuni della provincia di Parma sono ricompresi in una delle due zone di restrizione previste dalla normativa. In particolare Lesignano de' Bagni, Soragna, Montechiarugolo, Fontanellato, Parma, Fidenza, Fontevivo, Langhirano, San Secondo Parmense, Traversetolo, Tizzano Val Parma, Palanzano, Neviano degli Arduini, Monchio delle Corti, Solignano, Corniglio in ZRI e Sala Baganza, Fornovo di Taro, Terenzo, Collecchio, Solignano, Varano de' Melegari, Noceto, Medesano, Felino, Salsomaggiore Terme, Pellegrino Parmense, Calestano, Bore, Tornolo, Bedonia, Compiano, Albareto, Bardi, Borgo Val di Taro, Varsi, Valmozzola, Berceto in ZRII.

Quello che accadrà ora al comparto della produzione dei salumi, in particolare dei prosciutti, non è ancora chiaro. Se sembra esclusa una chiusura degli stabilimenti di produzione, non si hanno ancora certezze su quali potrebbero essere le ripercussioni della decisione della Commissione sull'export di tali prodotti verso quei paesi che da sempre hanno attuato la linea dura nei confronti dei paesi colpiti dalla Psa, in primis Stati Uniti, Canada e Cina.

Ora che la peste suina, a due anni dalla sua comparsa nel nostro Paese, inizia a palesarsi come un problema che va ben oltre cinghiali e cacciatori, viene da domandarsi ancora una volta se davvero sia stato fatto tutto il possibile per arginare la sua avanzata. Specie in quelle realtà che, come l'Emilia Romagna, hanno, o forse è il caso di dire avevano, più da perdere.

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