La giunta aveva deciso di riaprire la caccia a germano reale, alzavola e codone
La giunta aveva deciso di riaprire la caccia a germano reale, alzavola e codone - © Frank Schulenburg
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di Redazione

Tra delibere e ricorsi i cacciatori veneti a caccia solo un giorno

Sono trascorse 48 ore da quando la regione Veneto ha deciso di riaprire la caccia a germano reale, alzavola e codone. Eppure i cacciatori veneti devono già riappendere il fucile al chiodo a causa dell'ennesimo ricorso della Lac

Meno di un giorno. Questo è il lasso di tempo che è durata la riapertura del prelievo di germano reale, alzavola e codone in Veneto dopo che la giunta guidata da Luca Zaia, su proposta dell'assessore Corazzari, aveva approvato una delibera che, recependo la sentenza del Tar in merito al calendario, rimodulava le date di prelievo di alcune specie. Come noto, Ispra nel proprio parere aveva indicato come data di chiusura per la caccia agli acquatici il 20 di gennaio. Secondo l'istituto di Ozzano dell'Emilia, infatti, l'inizio della migrazione prenuziale degli anatidi coinciderebbe con la terza decade del mese corrente.

Dopo aver condotto una nuova indagine tecnica basata su studi scientifici i cui dati evidenziano che in Veneto la migrazione prenuziale d'alzavola, codone e germano reale non comincia prima di febbraio, la Regione, nella giornata di martedì 23, aveva deciso di riaprire la caccia a tali specie fino alla fine della stagione venatoria. Nel farlo aveva comunque adottato delle misure restrittive quali l'obbligo di caccia da appostamento, misura adottata anche in Lombardia, e la riduzione del carniere per la specie germano reale.

La decisione non ha ovviamente riscontrato il favore della Lac, la Lega per l'abolizione della caccia, che ha tempestivamente presentato ricorso al Tar. I giudici del tribunale hanno quindi sospeso in via precauzionale il prelievo appena riaperto e fissato la discussione di merito al 22 febbraio. Peccato che, per l'ennesima volta, visti i tempi propri della stagione venatoria, la sospensione equivale a un annullamento. Anche in questo caso ci troviamo davanti ad un vulnus della normativa che, ormai è evidente, non può essere idonea a tutelare in maniera equa tutti i portatori di interesse dal momento che una delle due parti, sempre la stessa, è penalizzata dall'impossibilità di fruire di un diritto anche qualora a posteriori venga sancita la legittimità dell'atto amministrativo impugnato.

Delle due l'una: o si modifica la normativa amministrativa, obbligando i tribunali a dirimere la questione in poche ore, come nel caso dei ricorsi in materia elettorale, o sarà impossibile difendersi ad armi pari nello scontro ideologico con il mondo ambientalista.

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