
di Redazione
Colombaccio in Emilia-Romagna: distinzioni tra caccia e controllo
il cacciatore deve saper distinguere tra attività di caccia e di controllo. Soprattutto se aspira a diventare un interlocutore credibile e autorevole
di Giuliano Milana
Nel dibattito contemporaneo sulla gestione faunistica, si assiste sempre più spesso a una confusione concettuale tra caccia e controllo faunistico, confusione che rischia di indebolire sia la legittimità delle pratiche venatorie sia l’efficacia delle strategie di conservazione e gestione. Questo equivoco è particolarmente evidente nella reazione di una parte del mondo venatorio ai piani di contenimento primaverili del colombaccio (Columba palumbus) attuati in Emilia-Romagna: molti cacciatori, pur lodando le campagne di controllo sui corvidi (come cornacchie grigie, gazze e ghiandaie), si oppongono ai prelievi di colombaccio, cadendo in una contraddizione che merita di essere analizzata.
La caccia è un’attività regolamentata, svolta in determinati periodi e con fini “ricreativi”, culturali e alimentari basata sul prelievo sostenibile a carico di una risorsa rinnovabile: la fauna. Il controllo faunistico, invece, è un intervento tecnico-gestionale finalizzato a prevenire danni alle attività agricole, ridurre i rischi sanitari o mitigare squilibri ecologici, come chiaramente definito dalla Legge 157/1992, articolo 19. Non si tratta di “caccia anticipata”, né di un’occasione per praticare attività venatoria fuori stagione ma di uno strumento necessario, spesso “doloroso”, di gestione responsabile della fauna.
Incidere efficacemente sulla crescita della popolazione
La letteratura scientifica sottolinea come l’efficacia del controllo dipenda criticamente dal momento in cui viene effettuato, e per molte specie il periodo primaverile è cruciale, perché incide sulla capacità riproduttiva e quindi sulla crescita numerica della popolazione (Conover, 2002; Putman et al., 2011). Agire in autunno, quando la popolazione ha già completato il ciclo riproduttivo, ha un effetto nettamente inferiore.
Il colombaccio, negli ultimi decenni, ha mostrato un aumento numerico e distributivo significativo in Italia e in Europa (Marchant et al., 1990; Brichetti & Fracasso, 2003). In Emilia-Romagna, i piani di controllo primaverile rispondono alla necessità di limitare i danni alle colture agricole e di gestire in modo proattivo la popolazione, secondo principi scientifici e normativi. Opporsi a questi interventi, quando si plaude agli stessi metodi applicati ai corvidi, rivela un approccio incoerente e, in un certo senso, una forma di sentimentalismo selettivo, non lontano da quello espresso da alcuni movimenti animalisti che spesso criticano ogni forma di gestione attiva soprattutto per alcune particolari specie. Senza dimenticare che non sono pochi i cacciatori italiani che per il cosiddetto “turismo venatorio” si recano, per esempio, in Scozia dove la ”caccia” (in realtà controllo) ai colombacci si pratica al meglio su terreni coltivati, durante la semina (marzo-aprile) e il raccolto (luglio-agosto).
Razionalità gestionale vs emotività compassionevole
Il cacciatore responsabile deve saper distinguere tra caccia e controllo. Può scegliere legittimamente di non partecipare ai piani di contenimento, ma non può negarne la necessità né contestarne le modalità sulla base di considerazioni puramente emozionali. Farlo significa abbandonare l’approccio tecnico-scientifico per abbracciare una visione compassionevole, che non appartiene alla razionalità gestionale della caccia sostenibile e rischia di minare la credibilità del mondo venatorio.
Come scrive Conover (2002): “I programmi di controllo falliscono non per limiti tecnici, ma per la
mancanza di accettazione sociale e per l’incapacità di comunicare i benefici della gestione attiva”. La coerenza è, quindi, una virtù non solo etica ma anche strategica. Non si può pretendere di essere riconosciuti come interlocutori tecnici e competenti se si selezionano gli interventi da approvare o respingere sulla base della simpatia per una specie.
In gioco c’è la credibilità del mondo venatorio
Se il mondo venatorio vuole restare credibile e difendere il proprio ruolo nella gestione faunistica, deve accettare la distinzione tra caccia e controllo e sostenere i piani scientificamente fondati, anche quando riguardano specie “apprezzate” come il colombaccio. Solo così sarà possibile mantenere una posizione autorevole e dialogare efficacemente con istituzioni, agricoltori e opinione pubblica.
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