La convivenza tra uomo e grandi predatori può diventare conflittuale, come evidenzia il caso del podista ucciso da un orso in Trentino. L'uomo non deve dimenticare il suo primato sul mondo naturale e la necessità di fare gestione, nel rispetto delle leggi, anche delle specie protette. Per evitare che si ripetano casi che mettano a rischio l'incolumità della popolazione e la conservazione della fauna selvatica
La convivenza tra uomo e grandi predatori può diventare conflittuale, come evidenzia il caso del podista ucciso da un orso in Trentino. L'uomo non deve dimenticare il suo primato sul mondo naturale e la necessità di fare gestione, nel rispetto delle leggi, anche delle specie protette. Per evitare che si ripetano casi che mettano a rischio l'incolumità della popolazione e la conservazione della fauna selvatica - © Byrdyak / Wikimedia commons
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di Matteo Brogi

Orsi in Trentino, in gioco c'è la ragionevolezza

La querelle sugli orsi del Trentino non terminerà con la soluzione della vicenda dell'esemplare che ha ucciso il podista trentino. Perché sia risolta in maniera definitiva è indispensabile che venga ristabilito il primato dell'uomo sul mondo naturale. Nel rispetto delle esigenze della natura

Sarebbe dignitoso, specie per chi non c'è più, se potessimo chiudere le polemiche sul caso degli orsi trentini; invece ci toccherà parlarne e sentirne parlare ancora per molto. Alla morte del podista Andrea Papi (5 aprile 2023) è seguita l'ordinanza di abbattimento firmata dal presidente della Provincia autonoma (8 aprile) contro la quale hanno ricorso Lav e Lac ottenendone dal Tar di Trento la sospensione (14 aprile). Il 17 aprile è stato catturato il plantigrado responsabile dell'attacco mortale, ora al Centro di recupero della fauna alpina del Casteller in attesa dell'udienza di merito dell'11 maggio che dovrebbe chiarire il suo destino.

Questa sequenza di fatti è stata accompagnata e condizionata da una campagna che ha portato a una mobilitazione a favore dell'animale specifico e degli orsi soprannumerari in generale. L'opinione pubblica si è avvitata su discussioni interminabili quando, per dirimere la questione, sarebbe sufficiente fare chiarezza su due principi.

Gestire per convivere

Primo: cosa significa fare gestione. La reintroduzione dell'orso in Trentino era stata pensata in modo da evitare effetti negativi in termini di convivenza tra le specie. Lo dimostra la formulazione preventiva del Piano d'azione interregionale per la conservazione dell'orso bruno nelle Alpi centro-orientali (Pacobace) che, tra gli interventi gestionali (punto 3.2.1), stabilisce delle deroghe al principio generale di massima tutela della specie:

Un orso problematico o che si trova in situazioni critiche può, tuttavia, essere sottoposto ad azione di controllo, in accordo con quanto previsto dalle normative nazionali, regionali e provinciali. È infatti prevista, al fine di contenere i conflitti con le attività antropiche nonché per motivi di sicurezza pubblica o per altri motivi imperativi di rilevante interesse pubblico, la possibilità di deroga ai divieti di cattura o abbattimento previa autorizzazione del Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, sentito l'Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (Ispra), a condizione che non esistano altre soluzioni praticabili e che la deroga non pregiudichi il mantenimento, in uno stato di conservazione soddisfacente, delle popolazioni delle specie oggetto di tutela.

Le azioni previste dal protocollo sono proporzionate alla "problematicità" manifestata dai soggetti e si sviluppano da un livello blando (presidio, dissuasione) fino ad interventi più energici quali le catture per radiomarcaggio, per captivazione permanente e l'abbattimento.

Ma torniamo alla gestione, una pratica che richiede il monitoraggio delle specie, la conoscenza del loro stato, il mantenimento di densità adeguate e l'eventuale intervento attivo per verificare che la presenza sia compatibile con la capacità portante del territorio. Questo per la fauna selvatica oggetto di prelievo, certo. Ma il principio non differisce per le altre specie. Se il principio prioritario è quello della conservazione, le politiche di tutela devono tenere a mente la necessità della pubblica accettazione dei selvatici e della priorità della specie rispetto al singolo esemplare della stessa. La natura, in un contesto antropizzato come quello italiano, va regolata.

Non dimentichiamo chi siamo

Secondo: i principi. Un articolo di Rodolfo Casadei su Tempi ci ricorda che «Eliminando una bestia feroce che ha causato una vittima, l'essere umano si comporta in maniera assolutamente naturale: protegge la propria incolumità come specie e come singolo individuo». E continua: «invece gli animalisti portano sull'orso il tipico sguardo antropomorfizzante che trasforma l'animale in un essere umano, in quanto tale soggetto di diritti, il principale dei quali è l'inalienabile diritto alla vita». Qui, io credo, sta il punto. E l'inghippo che ha portato la causa animalista a prevalere e la politica a non saper (o poter) affrontare in maniera risolutiva l'eccessiva presenza dell'orso in Trentino.

Al di là dello sguardo antropomorfizzante di cui parla il giornalista - o disneyano, come spesso diciamo tra noi - che ha condizionato il comune sentire in questi tempi, c'è una questione di fondo da risolvere. Se, cioè, gli animali abbiano diritti come singoli individui (non si parla di conservazione delle specie, sia chiaro) o meno. Sotto questo aspetto non posso che concordare con Casadei: essi non ne hanno perché «non sono soggetti morali, cioè in grado di distinguere il bene dal male e di scegliere fra i due. Se fossero soggetti morali, avrebbero non solo diritti ma anche doveri; ma doveri gli animali non ne hanno, perciò non hanno nemmeno diritti». Pertanto l'uomo - che invece è un soggetto morale - ha il dovere della conservazione della singola specie e quello di non infliggere sofferenze immotivate agli animali ma ha pure il diritto di abbatterli per le proprie necessità (alimentazione e sicurezza su tutte). Punto.

Un necessario sforzo di realismo

Ciò premesso, possiamo stare ore a cavillare se la captivazione dell'orso, il suo trasferimento o l'uccisione siano la soluzione preferibile ma restiamo nel campo del velleitario. Siamo realisti: chi se li prende, oggi, questi orsi problematici? Qual è il costo della loro gestione in cattività? Che cosa cambia ai fini della conservazione della specie l'eventuale abbattimento di Jj4? Ecco, pur in un perimetro che don Moling ha definito di antropocentrismo illuminato, forse è proprio una dose minima di realismo quello che manca.

L'abbiamo già scritto: l'orso fa l'orso, l'uomo deve fare ciò cui è chiamato dalla propria responsabilità: salvaguardare la propria specie e conservare la natura. Sta quindi all'uomo trovare delle soluzioni perché Jj4 non possa più nuocere. Purtroppo questo non è avvenuto in Trentino, dove la morte di Papi poteva essere evitata utilizzando il principio di ragionevolezza e prendendo coscienza del problema già nel 2020, quando il Tar bloccò la precedente ordinanza di abbattimento del Presidente della Provincia autonoma. Gli animali problematici vengono abbattuti in tutto in mondo, anche gli elefanti in Africa. Siamo l'unica nazione dove questo è impossibile, con il raccapricciante esito che la vita di un orso vale più di quella di un cristiano.

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PS In questo scritto ho volutamente evitato di parlare di caccia. Avrei potuto menzionare il fatto che nella vicina Slovenia e in molte altre nazioni è previsto un piano di abbattimento anche per l'orso. Ma ho ritenuto preferibile non farlo: il tema dei predatori è già sufficientemente complesso perché lo si possa collegare a un eventuale prelievo venatorio che scatenerebbe altre e ancora più forti forme di opposizione alla sua gestione.

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