Per il piombo, secondo l'Organizzazione mondiale della sanità, non è possibile stabilire un livello di esposizione privo di effetti nocivi
Per il piombo, secondo l'Organizzazione mondiale della sanità, non è possibile stabilire un livello di esposizione privo di effetti nocivi - © Hunting Log
Pubblicato il in Conservazione
di Matteo Brogi

Piombo e caccia: impatti globali e sfide per una caccia sostenibile

Il convegno internazionale ha messo a confronto ricerca scientifica, normative europee e pratiche venatorie. Obiettivo: ridurre l'impatto del piombo e costruire una caccia più sostenibile e credibile, alleata della conservazione e della salute pubblica

Nell'ambito delle iniziative "GO! 2025 – Nova Gorica e Gorizia Capitale Europea della Cultura", si è svolto il convegno internazionale Piombo, veleno senza frontiere, un incontro ad alto contenuto tecnico-scientifico dedicato agli effetti del piombo delle munizioni da caccia sugli uccelli selvatici, sull'ambiente e sulla salute umana.

Organizzato dall'Associazione Studi Ornitologici e Ricerche Ecologiche del Friuli Venezia Giulia (Astore), in collaborazione con il Centro Italiano Studi Ornitologici (CISO), la Vulture Conservation Foundation (VCF), il Parco Naturale delle Prealpi Giulie e la Riserva Naturale Lago di Cornino, il convegno ha rappresentato un momento di confronto tra scienza e istituzioni cui, purtroppo, è mancato il sostegno del mondo venatorio se non per la presenza di Hunting Log, che fa della comunicazione dei principi della caccia sostenibile e della conservazione di ambiente e fauna la propria ragion d'essere. Un'occasione persa.

Al convegno hanno partecipato esperti e studiosi che hanno messo in guardia dai rischi dell'inquinamento da piombo
Al convegno hanno partecipato esperti e studiosi che hanno messo in guardia dai rischi dell'inquinamento da piombo - © Hunting Log

Al centro, un messaggio ribadito più volte dagli organizzatori: il convegno non va letto come un attacco alla caccia, ma come una riflessione sulla sua sostenibilità e sulla responsabilità comune di ridurre un inquinante riconosciuto come tossico senza soglia di sicurezza. Gli abstract, cui si rimanda per approfondire i singoli temi, sono disponibili sul sito di Astore; rappresentano la fotografia attuale delle conoscenze sulla pericolosità del piombo e delle iniziative volte a contenerne gli effettti negativi.

Il contesto del Friuli-Venezia Giulia

La Regione Friuli-Venezia Giulia, che ha ospitato il convegno, è oggi in prima linea nella transizione verso munizionamento atossico. Come ha illustrato Dario Colombi, del Servizio caccia e risorse ittiche regionale, il bando del piombo è già realtà su 222 km² (3% del territorio) e sarà esteso dal 2026 a 999 km², pari al 12%. Una progressione che conferma l'impegno di una Regione cerniera tra Alpi e Adriatico, dove la tutela di specie simbolo come il grifone si lega direttamente alla riduzione dell'esposizione al metallo pesante.

Il giorno successivo al convegno, i partecipanti hanno avuto l'opportunità di visitare la Riserva naturale Lago di Cornino, osservando sul campo i risultati del progetto di reintroduzione del grifone, e la mostra Il veleno dopo lo sparo a Venzone, dedicata agli effetti del saturnismo sulla fauna.

Il quadro generale

L'apertura dei lavori è stata affidata ad Alessandro Andreotti (ISPRA), che dal 2007 studia le problematiche del piombo nelle munizioni. La sua relazione, "Le ragioni di un bando per le munizioni da caccia", ha tracciato un quadro esaustivo: ogni anno in Europa 44.000 tonnellate di piombo vengono disperse nell'ambiente (32% caccia, 52% tiro sportivo, 11% pesca). Circa 150 milioni di uccelli sono potenzialmente esposti.

Andreotti ha ricordato come il piombo sia una sostanza estremamente tossica per contatto, inalazione e ingestione anche a concentrazioni minime, senza soglia di sicurezza, che si accumula nelle ossa e può essere rilasciata nel tempo. La caccia, ha sottolineato, è oggi la principale fonte di inquinamento da piombo ed è quella che ha subito il minor numero di restrizioni. Il suo appello è pragmatico: «Non è una crociata contro la caccia. I cacciatori sono parte della soluzione, non del problema». Di più, i cacciatori sono la categoria che riceve i maggiori danni dall'uso del piombo: sono infatti i principali consumatori di carni di selvaggina, ricevono un danno diretto a causa degli animali che che muoiono per intossicazione e, dall'utilizzo del piombo, ricevono anche un danno d'immagine. Le alternative esistono, servono informazione e accompagnamento tecnico, facendo tesoro delle sperienze di chi ha già completato la transizione.

La filiera del rischio

Il professore di ecotossicologia Rafael Mateo (IDAEA-CSIC, Barcellona) ha fornito una prospettiva ecotossicologica impressionante: l'8,7% degli anatidi europei (lo studio fa riferimento alla specie germano reale) muore ogni anno per avvelenamento da piombo, contro il 2-3% del Nord America. Un milione di uccelli acquatici, insomma, muore per ingestione diretta di pallini (ingestione primaria). Il piombo entra nella catena alimentare anche attraverso predatori e necrofagi (ingestione secondaria): «Nei grifoni, fino al 3,7% della popolazione ingerisce piombo ogni giorno nel periodo venatorio». E la contaminazione prosegue a lungo: «Anche dopo il bando, gli uccelli granivori continueranno a risentirne per decenni», ha avvertito Mateo, che ha segnalato come, in Italia, siano presenti zone umide con elevata presenza di uccelli svernanti che presentano densità superiori a 300 pallini per metro quadrato. La situazione non è molto migliore negli ambienti terrestri, dove attorno ai capanni e in altre aree la densità può raggiungere i 120 pallini per metro quadrato.

Già nel 1874 Jules Verne menzionava il ferro come alternativa al piombo in condizioni particolari. La nocività del piombo per l'avifauna è conosciuta alla scienza già dal Seicento
Già nel 1874 Jules Verne menzionava il ferro come alternativa al piombo in condizioni particolari. La nocività del piombo per l'avifauna è conosciuta alla scienza già dal Seicento - © Hunting Log

Rapaci, sentinella dell'avvelenamento

Enrico Bassi (vicepresidente del Centro Italiano Studi Ornitologici, membro dell'Advisory Board della Vulture Conservation Foundation) ha mostrato dati drammatici: «Basta un grammo di piombo per uccidere un'aquila reale». In Valtellina, il 67% dei visceri di capriolo e il 70% di quelli di camoscio analizzati risultano contaminati. Su 205 grandi rapaci campionati, tra il 50 e il 75% mostra segni di saturnismo clinico o subclinico che, anche se non porta direttamente alla morte, induce problemi comportamentali nel selvatico e la contaminazione dell'embrione. Il veterinario Stefano Pesaro (Università di Udine) ha confermato: le analisi di piombemia nei rapaci alpini mostrano alterazioni renali e immunitarie, con possibili effetti sulla crescita del piumaggio.

La minaccia invisibile a tavola

Il tema della sicurezza alimentare è stato approfondito da Mauro Ferri (già veterinario Ausl Modena, membro dell'Associazione ornitologi dell'Emilia Romagna e della Società italiana di ecopatologia della fauna) e Giorgio Fedrizzi (Istituto Zooprofilattico Sperimentale Lombardia-Emilia). Ferri ha ricordato che «dal punto di vista tossicologico non è possibile definire una soglia di sicurezza per il piombo» e che piccoli frammenti – spesso invisibili all'occhio e di difficile individuazione – permangono nella carne a seguito del passaggio del proiettile.

Fedrizzi ha evidenziato un "vuoto normativo" europeo: mentre la carne bovina ha limiti precisi di piombo (0,10 mg/kg), la selvaggina non è ancora regolamentata e che, se anche per la caccia venisse adottata la normativa MOCA (Materiali e Oggetti a Contatto con gli Alimenti, Regolamento n. 1935/2004), il piombo sarebbe automaticamente vietato per il prelievo del selvatico. Ricordando come il rischio sia in generale dipendente da tossicità ed esposizione, i soggetti a maggior rischio di intossicazione sono proprio i cacciatori e le loro famiglie.

Il convegno non va letto - nell'intento degli organizzatori - come un attacco alla caccia, ma come una riflessione sulla sua sostenibilità e sulla responsabilità di ridurre un inquinante riconosciuto come tossico senza soglia di sicurezza
Il convegno non va letto - nell'intento degli organizzatori - come un attacco alla caccia, ma come una riflessione sulla sua sostenibilità e sulla responsabilità di ridurre un inquinante riconosciuto come tossico senza soglia di sicurezza - © Hunting Log

Il medico del lavoro Giuseppe De Palma (Università di Brescia) ha completato il quadro con una relazione su Esposizione al piombo alle basse dosi: anche concentrazioni ematiche di 1-6 µg/dL – considerate basse – sono correlate a malattie cardiovascolari, neurotossicità e riduzione della fertilità. La caccia, ha sottolineato, «può rappresentare una via di esposizione cronica per i consumatori abituali di selvaggina, soprattutto bambini e donne in età fertile» perché, anche se sono estremamente rari i casi di saturnismo ed esistono terapie specifiche per eliminare il piombo, questo tende ad accumularsi nelle ossa per poi passare ad altri tessuti. È un «killer silenzioso», potenzialmente responsabile di molte malattie senza che venga diagnosticata una correlazione diretta.

L'Europa del bando

L'intervento di Anna Mazzolini (ECHA) ha chiarito il percorso normativo europeo che ha portato al bando del piombo nelle zone umide. L'ECHA lavora su input della Commissione UE valutando l'esistenza di alternative possibili. In conclusione, ha sottolineato come «la caccia senza piombo è tecnicamente possibile, economicamente accessibile e più sicura». I benefici del bando, insomma, sono proporzionati ai costi, specie considerando che in Europa – dichiara – si calcolano circa 6 milioni di cacciatori e 1,1 milioni di bambini potenzialmente esposti alla contaminazione.

Cacciatori: dai falsi miti al cambiamento

La transizione, però, non può essere imposta dall'alto. Niels Kanstrup, biologo, cacciatore danese e ricercatore presso l'Università di Aarhus in Danimarca, ha demolito i principali miti anti-transizione sottolineando come le munizioni alternative non sono tossiche, non aumentano gli incidenti, l'efficacia dipende dal tiratore e non dal metallo impiegato e che sostituire il piombo porta benefici a tutti. «Non lasciamo un'eredità tossica», è il suo auspicio da cacciatore. Per farlo, è necessario che la scienza lavori fianco a fianco con i cacciatori e che la comunicazione non sia lasciata alle Associazioni venatorie, le cui opinioni possono essere condizionate da vari fattori. Kanstrup ha pubblicato un libro sul processo di transizione, liberamente scaricabile a questo link.

Dello stesso avviso Roberto Viganò (medico veterinario presso l'ASL VCO, socio SIEF), che fa riferimento a un questionario online diffuso lo scorso giugno e la cui portata è ancora oggetto di studio. Quel che è emerso, tuttavia, indica come il munizionamento atossico sia considerato efficace da chi lo utilizza e inefficace da chi lo avversa. Un corto circuito logico che dimostra come il tema sia ideologico, quasi identitario, per il cacciatore italiano, che Viganò definisce "conservazionista cognitivo". «Obbligare senza formare – ha detto Viganò – è controproducente, il cacciatore va coinvolto». Esiste un gruppo pragmatico di cacciatori aperto al cambiamento che vede la transizione come un'opportunità. Ma l'accettazione è condizionata dalla presenza di alternative accessibili. Il cambiamento deve partire dal basso, solo la formazione e la collaborazione possono realizzare il cambiamento.

Una strategia comune europea

Bolesław Słociński (BIOM, BirdLife Croazia) ha illustrato i risultati del programma Safe Flyways: un terzo dei grifoni croati mostra livelli subclinici di piombo. La strategia di BIOM combina ricerca, educazione per i cacciatori e attività politica per promuovere il rispetto del bando e arrivare al divieto totale di munizioni al piombo.

Il convegno è stato organizzato dall'Associazione Studi Ornitologici e Ricerche Ecologiche del Friuli Venezia Giulia in collaborazione con il Centro Italiano Studi Ornitologici, la Vulture Conservation Foundation, il Parco Naturale delle Prealpi Giulie e la Riserva Naturale Lago di Cornino
Il convegno è stato organizzato dall'Associazione Studi Ornitologici e Ricerche Ecologiche del Friuli Venezia Giulia in collaborazione con il Centro Italiano Studi Ornitologici, la Vulture Conservation Foundation, il Parco Naturale delle Prealpi Giulie e la Riserva Naturale Lago di Cornino - © Hunting Log

José Pedro Tavares, direttore della Vulture Conservation Foundation, ha mostrato come i progetti LIFE europei abbiano creato "un'alleanza concreta tra cacciatori e avvoltoi", grazie ai test e alla promozione di munizioni alternative, campagne di sensibilizzazione transnazionali, monitoraggio delle specie necrofore. Grazie a questi progetti, centinaia di cacciatori hanno volontariamente provato munizionamento lead-free contribuendo alla raccolta di un vasto database e all'accettazione della transizione, pur con i limiti imposti da prezzo e disponibilità. «Solo coinvolgendo i cacciatori come partner si può costruire una conservazione duratura» a beneficio della biodiversità e della salute pubblica, ha ribadito.

Conclusioni

Il convegno ha tracciato una linea chiara: il piombo non ha confini, ma nemmeno le soluzioni ne hanno e la cooperazione tra scienza, istituzioni e mondo venatorio può trasformare un problema storico in un'opportunità di innovazione e credibilità.

Per Hunting Log, presente con Matteo Brogi, il convegno ha rappresentato l'occasione per portare nel dibattito venatorio un tema spesso eluso ma cruciale: quello della responsabilità condivisa tra conservazione e cultura della caccia. Prossimamente sarà pubblicato il suo intervento.

Se sei interessato alla caccia sostenibile e alla conservazione dell'ambiente e della fauna selvatica, segui la pagina Facebook e l'account Instagram di Hunting Log, la rivista del cacciatore responsabile.

Altri articoli dalla sezione Conservazione

Lo stambecco minacciato dall'ibridazione con la capra domestica
Pubblicato il in Conservazione | Matteo Brogi
Lo stambecco minacciato dall'ibridazione con la capra domestica

Lo stambecco alpino, simbolo di forza e rinascita, è oggi a rischio per l'ibridazione con la capra domestica e per le malattie diffuse dal pascolo brado >>

Fondazione UNA: tre progetti per un futuro sostenibile
Pubblicato il in Conservazione | Matteo Brogi
Fondazione UNA: tre progetti per un futuro sostenibile

Un viaggio tra Valle Camonica e Orobie per scoprire come Fondazione UNA unisce caccia, territorio e tutela della biodiversità nei suoi progetti >>

Ibridazione e specie protette: il caso del lupo
Pubblicato il in Conservazione | Diana & Wilde
Ibridazione e specie protette: il caso del lupo

La crescita delle popolazioni di specie protette riaccende il tema dell'ibridazione e dei rischi genetici per la conservazione del selvatico >>

Edoardo Tilli: quando la carne incontra la filosofia
Pubblicato il in Conservazione | Matteo Brogi
Edoardo Tilli: quando la carne incontra la filosofia

Edoardo Tilli svela in "Deep Raw" l'arte della frollatura: filosofia, scienza e memoria per trasformare la carne selvatica in esperienza gustativa unica >>