
di Matteo Brogi
Teoria e tecnica degli strozzatori da caccia
Dalla prima applicazione degli strozzatori alle armi da caccia molte cose sono cambiate. A non cambiare è il fine: poter ingaggiare selvatici in un intervallo di distanze sempre più ampio
La strozzatura è una caratteristica tipica delle canne ad anima liscia studiata per ottimizzarne il rendimento balistico a una data distanza di tiro e può essere descritta come la differenza tra il diametro del vivo di volata e quello interno della canna.
L’esperienza insegna che lo sciame di pallini tende ad allargarsi non appena abbandona la volata dell’arma e che un leggero restringimento della parte terminale della stessa ha la capacità di concentrare la rosata e modularne la dispersione in base alla prevista distanza di tiro. Questo principio, brevettato nel Regno Unito nel 1866 e adottato per la prima volta in Europa nel 1874 per le sue doppiette da William Greener, che aveva ideato un’evoluzione efficace del sistema, è stato uno dei punti forti dell’evoluzione della tecnica di caccia a munizione spezzata e ha avuto un ruolo fondamentale nell’accrescere l’efficacia del tiro che, finché si usavano canne forate a sezione cilindrica, non era soddisfacente se non a brevi distanze.
Difficile da calcolare, facile da dimostrare
Se l’effetto della strozzatura è facilmente apprezzabile e scientificamente dimostrabile, molto più arduo è teorizzare una formula che fornisca risultati standardizzabili. La riuscita di una strozzatura è infatti collegata a ipotesi empiriche e molte variabili tanto che è opportuno premettere a questa trattazione che non esistono degli standard di riferimento se non il confronto dei valori di dispersione della rosata. Per effettuare questo calcolo, si fa riferimento ad un bersaglio di 76 centimetri di diametro posto a 36 metri e, per ottenere valori di dispersione soddisfacenti, il produttore dell’arma o dello strozzatore procede in via sperimentale. Solo in anni recenti, Benelli ha ideato il sistema canna-strozzatore Advanced Impact, che ha permesso di calcolare matematicamente, in maniera riproducibile mediante una formula oggetto di brevetto, la migliore relazione tra i due componenti inscindibili del sistema.
Tradizionalmente, la strozzatura viene realizzata negli ultimi 5-8 centimetri della canna ed è raccordata all’asta, la precedente porzione cilindrica, da un tratto a sezione tronco-conica. In origine, le strozzature erano fisse e ancora c’è chi le preferisce per motivi funzionali o di ordine estetico. L’adozione di un sistema che sia altro dal tradizionale su una doppietta, per esempio, è considerata blasfemia non solo dai puristi della caccia in stile inglese.
Successivamente sono nati gli strozzatori variabili e gli intercambiabili, diventati in breve tempo la soluzione preferita da molti cacciatori. I primi hanno la peculiarità di poter variare le proprie caratteristiche agendo su una ghiera avvitabile (il Polychoke offerto da Franchi negli anni Sessanta oppure il più recente TruGlo Titan). Gli intercambiabili permettono di adeguare le prestazioni balistiche della canna a un ampio spettro d’impiego, che può spaziare dal tiro alle brevi distanze sotto ferma ai tiri lunghi agli anatidi o al passo, tramite la semplice variazione della strozzatura. Gli strozzatori interni intercambiabili hanno inoltre il pregio di non modificare l’aspetto estetico dell’arma in quanto generalmente contenuti nella canna, a essa vincolati mediante una filettatura. Per di più, sono disponibili anche in versione esterna che permette di modificare la lunghezza della canna ed estenderne la portata.
Strozzature fisse o intercambiabili?
L’adozione degli strozzatori intercambiabili ha, in definitiva, facilitato l’identificazione dell’arma ideale per ogni cacciatore. Accanto agli strozzatori generalmente forniti dal produttore, egli potrà inoltre acquistarne di produzione artigianale e di specialistici, come per esempio i raggiati pensati per aumentare la dispersione della rosata alle brevissime distanze tipiche del tiro di stoccata a selvatici come la beccaccia.
Le strozzature fisse continuano ad avere un discreto successo in particolare in doppiette e sovrapposti, dove la presenza di due canne offre la possibilità di modulare il tiro alla distanza del selvatico, e sono utilizzate nel campo del tiro a volo, dove le condizioni di tiro sono predefinite e conosciute dallo sportivo e non giustificano l’impiego degli intercambiabili, che per di più costringono a una riduzione del diametro della canna non conciliabile con gli elevati volumi di cartucce sparate dalle armi da competizione.
Piombo e acciaio
La recente adozione di materiali alternativi al piombo per la composizione della carica delle cartucce spezzate ha comportato l’insorgere di nuove problematiche per gli strozzatori di costruzione meno recente, questo perché il volume della carica “d’acciaio” è proporzionalmente maggiore e i pallini non si deformano come quelli in piombo, creando spinte radiali superiori al previsto. Prima di impiegare cariche in acciaio o altre leghe ferrose è quindi sempre indispensabile controllare che la propria arma abbia il giglio di Francia impresso sulle canne e che gli strozzatori riportino la dicitura che ne autorizza l’impiego con munizionamento tipo steel shot.
È utile infine rilevare che esistono almeno quattro sistemi per misurare il grado di strozzatura; a quelli italiani in stelle (*) e decimi di millimetro si affiancano quello inglese e americano che trovano larga adozione sulle armi d’importazione.
Il tema della strozzatura in rapporto alla lunghezza della canna è stato trattato nell’articolo di Giuliano Del Capecchi precedentemente pubblicato su Hunting Log, la rivista online dedicata alla caccia sostenibile e responsabile.
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